Il libro più recente sulla Repubblica romana del 1849 è opera di due storici di Rieti, già noti per altri lavori, Luciano e Lavinia Tribiani, preceduto da un’ampia prefazione di Gianfranco Paris. Un libro che, esaminando gli accadimenti del 1848-49, è andato alla ricerca, come sottolinea il titolo, delle radici della democrazia repubblicana in Italia. Il volume prende le mosse dallo studio delle carte conservate presso l’Archivio di Stato di Rieti, ricco di documenti relativi sia alla Legione italiana di Garibaldi sia ai decreti emanati dal governo repubblicano nei suoi pochi mesi di esistenza, emessi in applicazione di leggi – sottolinea Paris – che “ancora oggi meravigliano per la loro modernità”.
Il volume, corredato da un ampio apparato fotografico, descrive come nasce la Repubblica, come vi partecipano i cittadini, quale l’efficienza della macchina organizzativa messa in piedi dai rivoluzionari (convenuti a Roma da ogni parte d’Italia) e quali le mosse della struttura papalina, sostenuta dalla Francia, per far fallire il processo costituente. Un processo che, comunque, riuscì a dare vita ad un esempio di Costituzione fondata sul suffragio universale, sulla libertà religiosa, sul rispetto dei diritti politici e civili. Viene abolita la pena di morte, oltre alla giurisdizione penale e civile ecclesiastica, viene sancita la libertà d’insegnamento, vengono assegnate le terre incolte ai contadini, viene abolita l’odiosa tassa sul macinato e tante altre cose ancora.
I documenti proposti al lettore dagli autori ci mostrano quale fosse l’alto grado di cultura giuridica illuminista dei protagonisti di questa esperienza di Repubblica democratica, che tanti spunti avrebbe dato anche alla Costituzione della Repubblica italiana varata nel 1947. Nell’ultimo capitolo viene descritta la caduta della Repubblica e la conseguente restaurazione, che dette l’avvio al cosiddetto “decennio di preparazione”, fatto di esili, privazioni, carcere per tanti patrioti, ma anche di iniziative ideali e pratiche per riprendere l’iniziativa che avrebbe portato all’Unità d’Italia, anche se i repubblicani, con l’eccezione di Giuseppe Mazzini, dovettero venire ad un accordo, giudicato indispensabile dallo stesso Garibaldi, con la monarchia dei Savoia.
Gian Biagio Furiozzi